L’Italia non è “il paese”
di quanto sto per dire qui altre volte ho parlato, a volte con ironia, a volte con rabbia.
Veramente non capisco: viaggiando ascolto la radio, e spesso dibattiti politici. guardo la tele e il web. Chiunque parli, politici, giornalisti, economisti, sindacalisti (a proposito, che paura quando Camusso, Bonanni e Angeletti promettono tuoni e fulmini per il “paese” questo autunno!) quando ha da citare l’Italia, immancabilmente, indefettibilmente, certamente, invariabilmente, prevedibilmente, vergognosamente (mi fermo qui con gli avverbi perché mi annoio facilmente, e specialmente di questi parlanti), dice:
1) “Questo “paese“, 2) il nostro “paese”, 3) il “paese”, senza mai demordere, senza tregua.
Proviamo a cambiare mettendo in luogo del termine “paese” il nome proprio della nostra Patria “Italia”: 1) L’Italia, 2) “La nostra Italia”, 3) “L’Italia”… bene, addirittura più “economico”, meno faticoso, come insegna la storia della glottologia, che spiega come l’uomo parlante le varie lingue ha sempre cercato di semplificare, sintetizzare, creando polisemie e figure retoriche per non dover inventare parole per ogni evento.
Dire “Italia” non solo è essere più precisi, sostituendo un “nome proprio” a un “nome comune”, ma è anche più intelligente ed emotivamente appropriato.
Forse che non si vuole dire “nazione”, o “stato” perché è troppo giuridista, o “Patria” perché sarebbe un retaggio fascista? Ma stai scherzando benpensante politicamente corretto? Forse che Cesare Battisti (non il delinquente scappato in Brasile, ma il nobile patriota impiccato dagli Austriaci a Trento il 12 luglio 1916) si vergognava di parlare di Patria quando ricordava la ragione del suo sacrificio?
Che me ne frega del “paese”? Dell’Italia sì, della mia terra sì, che ha un nome una storia un cielo un paesaggio una bellezza una verità…
Basta? O, cari parlanti in pubblico, sulla stampa, in tele e sul web, continuiamo con il “paese”, idiotamente farfugliando?
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