Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

maestri miei

passaggiPochi nella vita di una persona possono essere annoverati come “maestri”, a volte uno o due, io ne ho avuti quattro. Di essi ho già parlato qua e là in maniera sommaria, ma oggi mi sento di ricordarli meglio, davanti al pubblico teoricamente in-finito del web.

Nell’antichità occidentale e anche in quella orientale i “maestri” erano veramente importanti. Tali erano ritenuti Confucio, Lao-Tzu, il Siddharta Gautama, Shankara, Socrate di Atene, Epicuro, Gesù di Nazaret in modo particolare… e basta così, l’elenco non sarebbe brevissimo.

Il Medioevo cristiano ci ha proposto “maestri” come sant’Alberto Magno, san Tommaso d’Aquino, san Bonaventura, il beato Giovanni Duns Scoto, Johannes Meister Echkart, Ildegarda di Bingen, con i quali il confronto della modernità non regge.

Nella mia vita, dicevo sopra, quattro maestri ho avuto: mio padre Pietro, il parroco di Rivignano della mia infanzia, don Aurelio, il maestro (!) delle elementari (3a-5a) Costantino, e la professoressa di greco e latino del ginnasio, Gioietta, si chiamava.

Uno può chiedermi: e tua madre? Certo, ma più che maestra, lei era presenza vigile sempre, avvolgente, malinconica, silenziosa, affidabile, scrupolosa, buona. Presente, come i soldati.

Mio padre, invece, è stato assente per tanti anni (stagioni) in emigrazione, ma quando tornava, io bambino, lui era per me, e mi raccontava le storie della guerra in cui aveva visto cose brutte e spaventose, e di suo padre dalla memoria prodigiosa, e di suo nonno emigrante in Baviera, ma soprattutto mi elencava tutti i grandi fiumi del mondo, e le loro lunghezze, e  dov’erano, e le portate d’acqua; e tutte le grandi montagne sopra gli ottomila metri, e le capitali delle nazioni e il numero degli abitanti di allora. Mi ha fatto capire la geografia come una storia meravigliosa e utile per innestare le altre conoscenze.

Don Aurelio, dopo servito messa, si fermava spesso con me bambino insegnandomi a leggere in pubblico: mi metteva in mano il lezionario con una lettura di san Paolo, e mi diceva: “Leggi lì, lentamente… e io: Lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi, fratelli… e lui mi diceva… piano, lentamente, scandisci, pronunzia bene le parole e i nomi…” E io imparavo a leggere e a parlare in pubblico, e alla messa grande della domenica c’erano trecento persone e io leggevo senza paura.

Il maestro Costantino amava la storia, specialmente la storia romana; se gli chiedevo qualcosa su Annibale, Cesare, Silla, lui si accalorava e si fermava a raccontare infinite epiche, che mi davano, fin da allora, il senso della grandezza della civiltà romana: certamente battaglie e stragi, ma anche strade, diritto, federalismo ante litteram, città straordinarie, la più bella lingua del mondo e di sempre, il latino. Capivo che la conoscenza della storia del mondo era l’albero della conoscenza cui appendere in modo sincronico tutti gli altri saperi.

La prof di latino e greco del mio amatissimo ginnasio liceo Stellini era Gioietta Vacchiano, nubile, tutta dedita alla sua scuola. Mi incantavo ad imparare da lei le etimologie, le radici delle parole italiane che stavano nelle profondità arcaiche del greco attico e del latino classico. Io son fatto così, come sono, per questi retaggi, che mi hanno regalato -come si dice oggi- un vantaggio competitivo decisivo e per certi aspetti incolmabile rispetto ad altre esperienze, per la mia dimensione professionale e culturale.

Poi ho incontrato altri maestri, maestri per titoli ed esami, filosofi, accademici e intellettuali, nessuno dei quali mi ha lasciato traccia come quei quattro.

Spero di non somigliare a questi ultimi, ma di poter essere per qualcuno, almeno un po’, come uno dei miei maestri, che hanno dato forma alla mia vita e al mio essere-nel-mondo.

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1 Comments

  1. E’ vero, Renato. Gioietta Vacchiano e’ stata una brava maestra. Anche per me, che con un po’ di crudelta’ la canzonavo perche’ nelle sue spiegazioni itercalava con “egh…” e non con”e…”. Le sono grato anche io.

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