Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Crna voda, ovvero la fontana dell’acqua oscura

Nonna Tilde con i nipoti saliva al monte San Martino gerla in spalla, dove portava sul fondo una pentola di minestrone, formaggio, pane e frutta di stagione.

La bimba aveva il compito di portare su il fiasco del vino. Il piccolo arrancava in parte, o dietro, sull’erto sentiero.

Così era ogni mattina nella buona stagione, quando la famigliola (i genitori dei piccoli non c’erano più) si portava  su in alto, dove lavoravano gli uomini.

La nonna depositava tutto sotto il grande castagno e si metteva ad aiutare rastrellando l’erba che doveva diventare fieno. Anche la bambina aiutava, con un piccolo rastrello, ma si stancava presto, e allora andava sull’altalena che il nonno e lo zio le avevano costruito tra i rami del castagno.

Lungo il sentiero, che era per la ripidezza stato scalettato nella roccia, incontravano spesso la vipera del corno, ferma, sotto il sole. Bastava lasciarla tranquilla, e non succedeva nulla.

Ogni tanto si udiva lo spaventevole bramito del cervo maschio, che cercava la sua compagna.

L’acqua, invece, era compito della bimba andarla a prendere, in una forra distante, dove c’era una cascata, la forra dell’acqua oscura, crna voda, si diceva nell’antico linguaggio slavo della valle. La vegetazione faceva un’ombra tale che anche l’acqua, invece della trasparenza cristallina dei torrenti, assumeva un colore roccioso e brunastro. Ma era buonissima e fresca.

Si tornava quando le campane della chiesa di … suonavano l’ora della sera, e il sole cominciava a calare dietro le colline.

Lassù, a due passi dalla sella che portava alla valle di Topolò, si stava bene, anche se il lavoro era duro. Occorreva fare su tanto fieno, e lo zio qualche volta non tornava neppure a valle, la sera, preferiva stare a dormire nel fienile, dove lo raggiungeva il nonno Josip l’indomani mattina.

Il paese sotto era quasi sul confine, e gli abitanti vivevano la dura vita delle Valli.

Così cresceva la bimba e il suo fratellino, e sognavano un giorno di andare a vivere nelle città, verso la pianura, dove si diceva scorresse un bellissimo fiume di smeraldo e vi fossero chiese e palazzi, e tanta gente che parlava una lingua diversa.

Anni passati da quel tempo, la nonna riposa nel piccolo cimitero sul poggio, e il nonno e lo zio pure.

Il bambino se n’è andato per sempre, anche se veglia ogni notte sulla radura, quando neppure le krivapete si arrischiano ad uscire dalle loro caverne.

La bambina è là nella valle, altri bambini la attorniano, ma lei torna volentieri sui passi dell’infanzia, quando la nonna la spronava a camminare “ché si doveva portare da mangiare agli uomini!”.

Ricorda ancora che bisognava sedersi più in basso degli uomini nella radura in salita dove nonna Tilde aveva steso una larga tovaglia, e aspettare che si saziassero, prima di cominciare a mangiare.

Perché gli uomini facevano tanta fatica, lassù, dove scorreva l’acqua oscura, l’orso prudente si muoveva tra i boschi e gli angeli custodi vegliavano sui giorni.

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