Fuochi epifanici e bigottismo culturaloide
d’antiche storie e da contrade remote viene il racconto dei fuochi epifanici. Un affidabile sito web così lì commenta:
“Il fascino misterioso della dodicesima notte, quella dell’Epifania, ultima del periodo natalizio, ha da sempre avvinto ed incantato le genti d’Europa assieme a quelle del Mediterraneo e del vicino Oriente e a questa notte è legato il folcrore nelle sue tradizioni ed espressioni più remote. Si dividono però queste in due distinti filoni: uno chiassoso, burlesco e saturnale basato su una baldoria che è già carnevalesca; l’altro ritualistico, ieratico, a mezzo fra il magico e il sacro che sa di antichissime liturgie e odora ancora di Avvento e di Natale. I fuochi epifanici del Friuli, i “Pignarûi”, “Fogoròns”, “Foghèras” o “Palavins” appartengono a questa seconda corrente, ma nella loro solenne semplicità risultano, a differenza di altre tradizioni natalizie dell’Europa centro-settentrionale, scevri “di diavoli goffi e di bizzarre streghe” (G. Carducci, da Il Comune rustico, scritto durante un soggiorno del Poeta ad Arta Terme, n.d.r.), fedeli ad una ritualità trimillenaria che fu indubbiamente, ed anche profondamente, celtica, ma le cui origini si perdono nella notte dei tempi.”
Bene, questo in sintesi il quadro antropologico-culturale dei fuochi epifanici, la cui tradizione appartiene alle nostre genti, e non a decisori autoritari e improvvisati. In tutto il Friuli, in pianura, sulle colline, sulle montagne carniche e del tarvisiano, questo pomeriggio si accendono fuochi, e persino sul Tagliamento. Le antiche usanze mantiche degli àuspici e degli arùspici presenti in tutto il Mediterraneo, nelle culture mesopotamiche, egizie e greco-latine, confermano questa tradizione che, se non ha alcunché di originariamente “cristiano”, come altre festività e ricorrenze, fin dai primi decenni e secoli dopo Cristo, hanno cominciato a fare parte della “nuova tradizione” religiosa e popolare cristiana: basti pensare alla coincidenza del “Natale cristiano” con la festa ben più antica della tradizione mitraica del “Sol invictus” del 25 dicembre. Senza che ciò scandalizzasse alcuno.
Anche a Codroipo, la romana Quadruvium, per altro paesone un po’ senz’anima, vi era questa tradizione, nella cura della quale era impegnata tutta la comunità locale, Parrocchia compresa. Ricordo infatti il ruolo paesan-popolare dell’arciprete mons. Copolutti… e ora, mi dicono… un suo successore ha cassato il Fogoròn perché sarebbe estraneo alla cultura cristiana. Non so se sia vero, ma se lo è mi sembra un’idiozia cui porre rimedio, magari con un seminario ad hoc, per il quale son disponibile.
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