Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

aggiornamento sulla stupidità e l’amor proprio

amor proprioLa Rochefoucauld già quivi ispirommi un post.

Vediamo un suo brano: “L’amor proprio è l’amore di se stessi, e di ogni cosa solo per sé… Nulla è impetuoso come i suoi desideri, nulla nascosto come i suoi propositi, nulla astuto come i suoi comportamenti; le sue accortezze sono indescrivibili, le sue trasformazioni superano quelle delle metamorfosi, e le sue sottigliezze quelle della chimica… Lo si trova in ogni fase della vita e in ogni condizione; vive dappertutto, e vive di tutto, vive di niente, si adatta alle cose, e alla loro mancanza; passa persino nel partito delle persone che gli fanno guerra, entra nelle loro trame; e ciò che è più stupefacente, si odia come loro, ordisce la propria perdita, lavora alla sua stessa rovina, infine non si cura che di essere, e pur di essere, vuole essere anche il suo nemico“.

Pazzesco, no? Ma neanche per idea. E’ proprio vero che funziona così questo nostro confusivo modo di essere, nostro nel senso che mette a rischio molti e appartiene a non pochi.

E non è neppure una questione di perfidia o di malignità studiata, ma di fondamentale stupidità, o no? Come si fa a vivere una vita tutta incentrata sul proprio ego, tutta-intorno-a-sé?

Forse solo recuperando, se la si è persa, una misura equilibrata di apprezzamento di sé, ma senza esagerare, come suggerisce Gatto Gattone più sopra: “Ricordati che sei la persona più importante della tua vita“. Vediamo però in che senso.

Certamente non nel senso dell’autoreferenzialità che attesta una centralità dell’io/sé come assoluta rispetto al resto del mondo, e soprattutto degli altri umani,

certamente non nel senso di un egoismo e di una possessività che dice: ogni cosa è in funzione mia, ogni convenienza è commisurata al mio interesse, ogni vantaggio deve essere concepito in funzione della mia crescita, e via dicendo,

certamente non nel senso di mettere sistematicamente in secondo piano gli interessi altrui, sapendo che “inter-esse” significa stare-in-mezzo-alle-cose, e dunque è dimensione legittima per ogni vita umana,

certamente non nel senso di un egoismo non solo autoreferenziale, ma addirittura egolatrico, nel quale l’amor proprio di cui scrive La Rochefoucauld opera come carburante e propellente, causando a volte danni irreparabili nelle relazioni interumane e nelle azioni “libere” dell’uomo.

Siamo dunque “la persona più importante della nostra vita” in un altro senso: in quello che prevede ci prendiamo cura di noi stessi, sia dal punto di vista fisico, sia da quello psichico e, oserei dire, anche dal punto di vista spirituale, perché ciò costituisce la premessa necessaria, ancorché non sufficiente, per potere convivere con gli altri, dando e ricevendo con eguale atteggiamento creaturale, consapevole del limite insito, sia nel dare, sia nel ricevere.

Non abbiamo alternative razionali, oserei dire, anche se i profittatori egoisti autocentrati sembrano più furbi di noi, e a volte anche più intelligenti. In realtà costoro vivono una vita di plastica, senza relazioni autentiche, perché legate, anche per i loro interlocutori, alla convenienza di compiacere i primi, specialmente quando sono in auge, salvo abbandonarli repentinamente come i topi una nave in procinto di naufragare. L’egoismo e l’adorazione di se stessi, alla fine, non paga neppure sul piano pratico, e perciò diventa alcunché di stupido: ecco come un eccesso di amor proprio (parlo di eccesso, perché una piccola dose di esso è salutare, come senso di dignità e moderato orgoglio d’essere se stessi) si congiunge direttamente con madonna stupidità, francescanamente parlando. Amen.

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