Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

umiltà, spirito critico e cultura

Cosacchi_in FriuliCaro lettor d’ottobre,

ti scrivo dall’Umbria boscosa e spirituale, pernottato a Sangemini e poi verso Terni per opera di misericordia spirituale (e corporale). Colloquio lungo e profondo, mi sento bene nel luogo di costrizione, ascolto e sono ascoltato, per come siamo, l’uno e l’altro. Fuori di lì raramente mi capita altrettanto, e comunque mai con la stessa profondità, senza che ciò suoni stranezza. Non so chi sia il misericordioso, oggi, oltre a Dio onnipotente.

Ecco: dal colloquio e da altre varie fonti ricevo ispirazione e rifletto, favorito dal silenzio dell’antico borgo, dove passeggio solitario, passo dopo passo sul venerando selciato umido di pioggia. Mi muovo per vie petrose dove le case sono unite da armoniosi archivolti, e viste sulla Val Tiberina avvolta da nuvole ottobrine.

Unisco i tre concetti del titolo, reciprocamente necessari, per dire e comprendere un processo mentale, che è anche morale: l’umiltà come virtù di stampo scettico e benedettino, lo spirito critico di ogni intelligenza vivace e curiosa, la cultura di chi desidera coltivare se stesso e dare una mano al mondo, senza arroganza alcuna. Tra i vari episodi ispiratori ne scelgo uno, “letterario”, esemplificativo di molti altri.

In camera leggo le prime trenta pagine di un “romanzo” (non ne cito il titolo, né l’autrice, per carità intellettuale), pubblicato dalle mie parti. Il titolo è perfin memore di ricordi fiabeschi, ma lo stile scrittorio è sciatto, il lessico miserello e, ovviamente, ripetitivo. Non vado oltre nella lettura, limitandomi a dare uno sguardo all’inizio e alla conclusione dei singoli capitoli e del libro. In nessun punto trovo una reviviscenza della narrazione come talora, anche se rarissimamente, accade. La chicca, se non ricordo male, è a pagina ventuno, dove sta scritto che i Cosacchi venuti in Friuli al seguito dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale, sarebbero stati di religione islamica, e non spiego al paziente mio lettore quale fosse la loro fede religiosa, perché è a tutti noto che i Cosacchi erano e sono cristiani ortodossi. Tra me e me commento così: ci vuole rispetto per i lettori.

Un libro, e duole dirlo, uno dei tanti libri, che si sarebbe potuto non pubblicare, ma tenere nel cassetto capiente degli scritti immeritevoli di vivere all’esterno del cassetto stesso, e termino la serata ristorandomi lo spirito con il poemetto foscoliano de I sepolcri.

Oramai un poco assonnato, rifletto su come in Italia da qualche decennio si scriva quasi più di quanto non si studi o si legga. Moltissimi scrivono: il fatto è che pretendono di pubblicare… E il gusto del lettore si adegua; il resto lo fa il marketing, per cui “non-scrittori” come Moccia, Volo, Faletti, Corona e altri vendono e vendono. Nostalgia, non dico solo di don Lisander Manzoni, ma di Fogazzaro, Capuana, De Roberto, e perfino di Carolina Invernizio, Liala e Francesco Mastriani. L’autrice di cui sopra non so se venda. Umiltà inesistente, spirito critico ai minimi termini, cultura evanescente, forse una specie di ossessione scrittoria, quasi una nevrosi.

E alfine, proprio ai confini del sonno, come dice il Poeta nostro sommo: “non ti curar di loro ma guarda e passa”.

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